NO AGILE MINDSET, NO DIGITAL ACCELERATION: L'INTERVISTA A FABIO LISCA
Le interviste dei nostri Soci Young continuano: Fabio Lisca, fondatore di Agile School e business agility coach, ci racconta l'importanza di introdurre in azienda la metodologia agile e quali sono i benefici e le sfide per la sua implementazione nei contesti lavorativi.
Quali sono le motivazioni personali e professionali per cui ha fondato Agile School?
Fa parte della mia storia, lavoro nella consulenza organizzativa dal 2003, sono executive coaching dal 2004 e ho fatto un MBA. Ho lavorato con molte aziende portando la strumentazione convenzionale, ma i risultati erano deludenti. Sentivo che l’approccio tradizionale apparteneva a sistemi valoriali passati, ed era impossibile cambiare le pratiche comportamentali.
E allora ti chiedi: esiste un altro modo per fare organizzazione? E in effetti c’è. Nel 2010 ho iniziato ad applicare l’agile ai team per migliorarne le performance, nel 2017 è uscito “Il 5° Paradigma” e nel 2018 ho fondato Agile School.
L’intento è aiutare le organizzazioni a costruire ecosistemi in cui persone ordinarie possano fare cose straordinarie.
Come ha conosciuto l’International Advertising Association? Cosa l’ha spinta ad associarsi e diventare practice leader nell’agile project management?
Ho conosciuto l’IAA tramite Andrea Cioffi, una figura trainante. Condivido con lui la prospettiva di fornire aiuto alle organizzazioni. Supporto l’esigenza di creare iniziative come il Phygital Work Manifesto il cui scopo è dare supporto alle organizzazioni. Questa è una buona strada da intraprendere nell’IAA.
Lei è autore di due libri su Agile ed è considerato un’autorità in questo settore. Quali sono i benefici che si possono riscontrare nell’applicazione della metodologia agile?
Dal punto di vista delle persone i benefici sono enormi, ma per le organizzazioni sono anche più rilevanti. Una ricerca del MIT in collaborazione con The Economist del 2009 riporta che le organizzazioni agile crescono di fatturato il 37% più velocemente di quelle convenzionali e che hanno un incremento del 30% dei profitti. Ma il vero motivo per cui le organizzazioni vogliono diventare agile, non è questo.
Un’altra ricerca del 2019 di Gallup sullo stato di agile in Europa afferma che la competizione si è spostata dal battere i concorrenti a stabilire una relazione unica con gli utenti ancor prima che diventino clienti. In questo le tecnologie hanno un ruolo fondamentale e se parli di digitalizzazione sei già indietro.
Le organizzazioni tradizionali che approcciano il digitale in modo convenzionale non riescono ad utilizzare appieno il potenziale delle tecnologie, per dirla con Steve Denning autore di “The Age of Agile” utilizzare dati e tecnologie con l’approccio manageriale convenzionale, “é come guidare un calesse in autostrada.” Questo è evidentemente un grande problema.
Nei progetti pilota, accade che le compagnie vedono i benefici dell’agile e si accorgono che non sanno leggere i dati, pur essendo seduti su miniere d’oro di dati. Tracciano i dati sbagliati, si basano sugli output dettati top down, non tracciano i dati di impatto sul cliente, in questo modo non sono in gradi di prendere decisioni che cambiano la relazione con il cliente, i prodotti, i modelli di business, le operations, in una parola non producono innovazione.
Quali sono le difficoltà maggiori incontrate in corso d’opera nell’implementare progetti Agile? Come vengono superate?
Le difficoltà maggiori sono culturali. Molte organizzazioni che vogliono diventare agile, partono dalla metodologia senza capire il valore da portare al cliente, senza disegnare il flusso del valore nei processi, senza costituire team multifunzionali responsabili end to end dell’intero processo in grado di portare valore al cliente.
La differenza sostanziale è partire dall’impatto sul cliente e sui suoi bisogni, mai la corretta applicazione di una delle tantissime metodologie Agile, come insegna il caso di Nokia del 2009. Di fatto se l’impatto sul cliente del lavoro dell’organizzazione non cambia non si può parlare di Agile. Questa è la differenza tra le organizzazioni che “fanno” Agile senza “essere” Agile.
Quali tipologie di aziende sono più inclini ad adottare Agile?
Prima si avevano dei pregiudizi nell’applicazione dell’agile, ma ad oggi persino l’edilizia è un settore che sta diventando ibrido, affiancando l’agile al waterfall. Essendo un Mindset, un paradigma organizzativo, un modo di pensare, Agile si può applicare in qualsiasi contesto anche a livello individuale, personale.
Quali saranno le sfide e gli scenari più ambiziosi dell’agile nei prossimi anni?
Aiutare le micro-piccole-medie imprese ad attuare questa trasformazione.
Le startup sono già più rapide - motivo per cui alcune organizzazioni, soprattutto del settore finance stanno creando delle startup esterne per fare fintech, ma quando iniziano a crescere corrono il rischio di burocratizzarsi perché la cultura organizzativa dominante è quella e non vedono alternativa.
Oggi le tecnologie sono ormai commodities. Viviamo in un mondo di abbondanza dove se abbiamo chiaro che cosa vogliamo realizzare non è difficile trovare i supporti e le risorse per realizzarlo. Il contesto tecnologico in cui viviamo sta diventando un potente alleato, stiamo diventando from human to human by technology.
È necessario però approcciarle con il mindset adeguato, come dire: No Agile Mindset, No Digital Acceleration. Questo significa che le organizzazioni Agile adottano un modello organizzativo basato su network di teams interconnessi da piattaforme di scambio stabili, ognuno focalizzato su specifici clienti, prodotti e servizi. Un network di start up.
Giulia Picardi, socio Young IAA Italy Chapter
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